Africa_2018_Motoforpeace
©Carmine Rubicco, 2018

Malaria in forma aggressiva

Ieri sera Marco ha fato nottata, Padre J ha fatto arrivare alla missione un’altra macchina da “visitare”: era parcheggiata a circa 30 km di distanza ed è ferma da molto tempo.

È arrivata trainata da un’altra vettura, ma non c’è stato nulla da fare, dopo molti tentativi Marco ha appurato che ha la pompa del diesel guasta e l’unico rimedio sarebbe un nuovo ricambio che qui nessuno ha.

Lasciamo la missione con la foto nel cuore di tutti quei bimbi che abbiamo incontrato, non sarà certo facile dimenticarli.

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©Carmine Rubicco, 2018

Un’altra cosa però non voglio dimenticare di raccontare: Suor Clara quando ha visto in moto il trattore, che era fermo da un bel po’, ci ha confessato di aver pregato tanto il Signore di inviare qualcuno per ripararlo, magari un angelo… quando ha poi sentito il rumore del mezzo ha ringraziato il Signore che ha ascoltato le sue preghiere. Marco di sicuro non è un angelo ma di sicuro è un buon meccanico!!!

Prima tappa a 50 km sud per fare il pieno, qui trovare il carburante non è facile e bisogna fare attenzione a non farsi sfuggire le occasioni. Facciamo solo la verde, il diesel ce lo ha dato Padre J il giorno prima consapevole che lungo la strada per Bulawayo non lo avremmo trovato.

Il territorio qui è un po’ diverso, una boscaglia molto fitta protegge l’asfalto e l’ambiente circostante è curato. Anche le capanne, sono molto diverse da quelle viste fino ad ora: costruite con cura sembrano delle piccole operare d’arte, con giardini curati e recinzioni graziose. Ma a mano a mano che si scende le capanne lasciano il posto ai caseggiati ed a piccole abitazioni in blocchetti e coperture in eternit, anche queste molto belle. Tutto lascia pensare che il tenore di vita qui sia migliore.

A Bulawayo ci incontriamo con Bert ed Eckart che ci avevano anticipato ed insieme procediamo verso la frontiera di Plumtree per entrare in Botswana. Riccardo ha ancora la febbre e non sta guidando, è dentro uno dei due Iveco ed ha intenzione di farsi visitare in Francistown. È sereno, i due test malaria erano negativi, ma giustamente dice che in Africa sono mille le infezioni che si possono prendere.

Da Bulawayo alla frontiera la strada è meravigliosa, le banchine curate, i piccoli villaggi meravigliosi, come una cartolina dello Zimbabwe del sud. La frontiera è semideserta ed impieghiamo pochissimo ad uscire ed entrare in Botswana. A volte non mi spiego la cortesia e l’efficienza degli addetti di una frontiera rispetto ai colleghi di un’altra frontiera sempre dello stesso paese, comprese le procedure di controllo per persone e mezzi.

Riforniamo i mezzi alla prima area di servizio, qui la benzina costa quasi la metà rispetto allo Zimbabwe e per fare il pieno a tutti i mezzi spendiamo solo 200 $. Altri 70 km e siamo in Francistown, ma impieghiamo un bel po’ per trovare Don Antonio, l’assistente del Vescovo assente in questi giorni, che ci mostra gli alloggi dove pernotteremo le due notti: siamo al blocco 7 all’interno della struttura della Diocesi e la nostra sistemazione è a terra in due ampi saloni del circolo ricreativo.

Ma Riccardo??? Come siamo arrivati in città lo abbiamo portato in un centro sanitario adiacente la residenza del Vescovo, ma ora ci sta chiamando che vuole cambiare ospedale, quel centro non sembra essere attrezzato. Si porta da lui velocemente Simone ed insieme si recano al Riverside Hospital, un ospedale privato meglio attrezzato. Attendiamo con ansia delle news ma quando arriva il messaggio da Simone rimaniamo tutti con la bocca aperta: MALARIA, e di una forma aggressiva.

Questa nuova brutta nuova ci preoccupa sensibilmente, Riccardo era stato particolarmente attento, è un viaggiatore nato e sa badare molto bene a se stesso. Se ha contratto la malaria vuole dire che la zona che abbiamo attraversato è veramente pericolosa e parliamo senz’altro dell’Angola. I sintomi che ha Riccardo sembrano però meno invasivi di quelli che ha Luis, che continuiamo a sentire più volte al giorno.

Dove ci troviamo ora è pieno di zanzare e Don Antonio ci tranquillizza dicendo che questa zona è “malaria free”, ma ora chi si fida più? Montiamo tende e zanzariere nei saloni e tra noi facciamo dei calcoli tra le zone ritenute a rischio ed i possibili tempi di incubazione, ma è come giocare alla roulette. Tra i sintomi di Luis e Riccardo sono trascorsi circa due giorni, forse tre, e dai sintomi di Riccardo ad oggi ne sono passati altri tre. Possiamo ritenerci fuori?? Non lo sappiamo, le forme di malaria sono 5 o 6, le più comuni, ed i tempi di incubazione variano per forma e soggetto, la cosa certa è che noi europei siamo i più esposti.

Rinviamo a domani la visita al centro Mother Theresa e per cena decidiamo di andare in centro con Don Antonio che ci fa da guida.