motoforpeace al sito archeologico di chichen itza 2016
©MotoForPeace | Barbara Beltramello

4 Aprile 2016

Lasciamo Playa che è ancora buio. Gino e Nina zoppicano, la partita di ieri ha lasciato il segno.

La macchina della polizia federale ci scorta fino all’autostrada, che qui viene chiamata Cuota (a pagamento), mentre la statale si chiama Libre.
La moto di Norbert pare che funzioni bene; anche il Daily a cui abbiamo rimesso il nuovo filtro va ok e ci lanciamo ai 110 km/h su questa autostrada che taglia un bosco immenso.

La temperatura fortunatamente è giusta, circa 25°, e con la giacca smanicata si sta benissimo. Qui è possibile tenere un’ottima andatura e alle 8.00 abbiamo già percorso circa 150 km. Siamo a 40 km da Chichen Itza e facciamo uno stop per un caffè. Il poliziotto che ha il compito di accompagnarci al famoso sito archeologico ha l’auto in panne, anche lui per via del radiatore, ma in questo caso Stefano non può far nulla, c’è un manicotto rotto.

Di nuovo in Cuota arriviamo a Chichen Itza attraversando un vecchio borgo dove è edificata la più antica chiesa cristiana di tutto il centro America: è in pietra e sembra meravigliosamente conservata.

Parcheggiamo nei pressi dell’ingresso del sito e ci mettiamo in fila per comprare il ticket, 15 dollari tasse incluse. Fortunatamente il cielo è coperto e non soffriamo molto il caldo. C’è molto da camminare fino a quando, su uno slargo immenso, ci appare il Castello e cioè il maggiore edificio dell’area, ma forse non il più bello. Ricky ci spiega che è stato edificato in funzione dei giorni dell’anno e nei due solstizi le ombre che si formano al tramonto danno l’immagine di un lungo ed enorme serpente che sale e poi scende dalle lunghe scalinate. Facciamo un ampio giro fino all’osservatorio e poi fino al campo di calcio “il campo della pelota”: nell’antichità qui si affrontavano in un gioco, molto simile al nostro football, due squadre di valorosi. La palla si poteva toccare con tutto tranne che con le mani e probabilmente vinceva chi la faceva passare più volte in dei cerchi di pietra posti molto in alto sui lati del campo. Sicuramente una cosa non affatto facile e se ci metti che la squadra che perdeva veniva poi sacrificata agli Dei, insomma, ti passava la voglia di giocare.

Terminato il giro dedichiamo qualche minuto ai souvenir prima di risalire in sella. Il poliziotto di scorta nel frattempo ha cambiato l’auto e riprendiamo la marcia verso Merida. Incredibilmente e contro ogni previsione qui si sta benissimo. L’umidità che ci perseguitava da Panama sembra scomparsa ed ora affrontare qualunque cosa è uno scherzo. Andiamo sempre molto rapidi, la Cuota ha un costo non proprio basso, ma sicuramente ci fa risparmiare un sacco di tempo.

Un solo stop per la benza ed entriamo a Merida. La città ha circa un milione di abitanti ed è molto diversa da Playa. Molto più organizzata ed anche più carina direi, a parte la periferia che mostra un forte disagio. La circolazione anche qui è molto corretta, guai a non fermarsi completamente ad uno stop (italiana maniera) ed il controllo del territorio è molto forte. Quasi tutti i poliziotti che incontriamo su strada sono impegnati in controlli e a contestare contravvenzioni, la sosta in doppia fila non è consentita neanche per un secondo.

Arriviamo al nostro hotel, un supereconomico che di più non si può. Non si capisce se è un bar, un ristorante ma soprattutto dove ha le camere. Quando abbiamo prenotato “indicava” un parcheggio ma quello che troviamo è a pagamento e costa come quello di Villa Borghese, un dollaro l’ora e senza nessuno sconto. È un problema, la camera doppia ci costa 18 dollari e non possiamo pagare più di parcheggio che di hotel. Decidiamo allora di guardaci intorno e proprio a due passi dal parcheggio d’oro troviamo un altro hotel, allo stesso prezzo, ma che almeno può ospitare le motociclette.

Il centro di Merida è molto caotico e trafficato, capitale dello stato dello Yucatan, ha circa 500 anni è stata fondata dagli spagnoli e conserva ancora molti tratti coloniali.

Le camere sono niente male, per il prezzo pagato in anticipo, ma quello che ci gratifica di più è questa assenza di umidità.

Andiamo in gruppo a mangiare qualcosa nel vicino mercatino rionale, qui si compra di tutto e mangi delle cose semplici con pochi spicci. Certo non ti aspettare argenteria e ceramiche e stai lontano dalle salse piccantissime che ti tolgono la parola almeno per un quarto d’ora.

Facciamo un riposino pomeridiano che per molti si allunga fino a sera, mentre c’è chi va a curiosare per le vie del centro. Qui l’ufficio culturale organizza tutte le sere alle 21 degli spettacoli in piazza per i molti turisti di passaggio che sono veramente interessanti.

Gino nonostante il perdurare dei dolori alle gambe (la partita di calcio del giorno prima) organizza uno spaghetto veloce ma eccitante, niente di meglio per chiudere la giornata.