Africa_2018_Motoforpeace
©MotoForPeace | Carmine Rubicco, 2018

Il difficile viaggio verso Baia Farta e l’arrivo da Padre Wilson

Baia Farta è il nostro obiettivo ambizioso, forse troppo, ma per giungere a Luanda come da programma dobbiamo fare questo sacrificio. Partiamo all’alba e con la staffetta della polizia saliamo verso nord est. La strada è però come ci era stata segnalata: insidiosa!

Buche, come quelle che abbiamo lasciato a Roma, rifiuti lungo la strada, come quelli che abbiamo lasciato a Roma, traffico disordinato e senza logica, come Roma, insomma siamo a casa!!! Senza troppi “scherzi a parte” si soffre, al caldo si aggiunge umidità molto alta e le strade, in ricostruzione, ci portano a percorrere almeno duecento km in fuoristrada tra polvere e sabbia. Non è troppo difficile, ma si perde tempo. Cerchiamo di limitare le soste ma quando la polvere ti blocca la saliva in gola devi necessariamente fermarti a bere se non vuoi strozzarti.

I due Iveco, già danneggiati per lo sterrato in Namibia, continuano ad accusare i colpi ed il quadro strumenti ha tutte le spie accese come un albero di natale: abs fuori uso, freni che funzionano si e no, ventilatore che parte solo, supporti del motore danneggiati e tutto il carico all’interno esploso con cassetti e ripiani divelti… ma ancora vanno.

Anche le moto vengono sottoposte ad altro stress ed ogni tanto bisogna dare un serraggio. La moto di Celes diventa intrattabile, forse è la pompa benzina, la mia Africa perde olio da un tappo, specchietti che non si serrano più ed altro. Confidiamo di riparare tutto a Luanda altrimenti sarà un bel problema continuare.

Ed intorno cosa c’è? Carrarmati e pezzi d’artiglieria ai lati della strada ricordano che qui c’è stata una guerra civile terribile. La povertà è totale, le persone fanno il bucato e si lavano nelle pozze d’acqua ed i villaggi sono unicamente costituiti da capanne. Il terreno è paludoso quasi ovunque ed è questa la causa di una malaria e febbre gialla importante. La malaria nel paese è ancora la prima causa di morte.

Ma il panorama è meraviglioso, forme montuose bizzarre e verde ovunque. Questo territorio coltivato a dovere potrebbe sfamare tutta l’Africa, con i suoi imponenti corsi d’acqua di colore blu cobalto che bagnano anse di terreno per kilometri.

Ma non si arriva, la strada da difficile diventa più difficile e si va a non più dei 60/70 all’ora. Buche e controbuche, dossi e salti, e quest’afa che ti opprime. Beviamo acqua a litri ma sembra non bastare mai.

Attraversiamo dei grandi centri e scorgiamo i primi edifici, ma anche questi versano in condizione pessime, sembra tutto appena bombardato. Il sole cala intorno alle 18.30 e noi siamo a circa 100 km da Baia Farta. Abbiamo percorso fino ad ora circa 670 km ed altri 100 da percorrere col buio ci sembrano proprio troppi, ma mollare ora ci porterebbe a dormire dove??? Siamo nel bel mezzo di niente, non ci rimane che proseguire. Ma la fortuna è dalla nostra ed al cambio di staffetta veniamo rilevati da tre auto di scorta e terminiamo la tappa su una strada perfetta, illuminata ed in assoluta sicurezza.

A Baia parcheggiamo i mezzi all’interno del posto di polizia e con il prete della locale diocesi andiamo a vedere dove sarà possibile pernottare. Padre Wilson ci porta presso una struttura adiacente la sua abitazione, ma non sembra essere troppo idonea, a parte il maiale di due quintali che pascolava nel suo giardino. Cerchiamo una soluzione e quella di dormire in chiesa, tra l’altro attigua alla caserma, ci sembra la migliore. Una chiesa a disposizione per la notte sarebbe il massimo, e Wilson accetta di buon grado.

La struttura è molto grande ma al suo interno ci saranno almeno 40 gradi, nonostante dei ventilatori che dal soffitto altissimo smuovono l’aria, ma senza troppi risultati. I bagni sono a cento metri distanti in un centro ricreativo infantile, anche qui senza acqua e dalle condizioni igieniche molto relative. Ma siamo esausti ed in queste condizioni potremmo dormire ovunque, tanto la doccia prima o poi, da qualche parte, riusciremo a farcela!!!