Tour_Europa_2003

2003 | Tour Europei

Tour Europei – I due Tour compiuti in Europa nel 2003 hanno avuto lo scopo di coinvolgere i colleghi delle polizie europee nel progetto che MotoForPeace realizzerà nel 2004 in Africa.

On the road again

On the road again, ovvero “i forzati della moto”. Certo avremmo potuto starcene casa e pianificare le vacanze in Sardegna per smaltire la Cina con le sue scorie ed emozioni e invece….eccoci a preparare la nuova avventura “Un Ponte per l’Africa”. Mi viene in mente un paragone un po’ azzardato ma che rende bene l’idea di come mi senta di fronte a questa nuova avventura: Enzo Ferrari a chi gli chiedeva quale fra le sue stupende macchine fosse la sua preferita rispondeva “la prossima”. Ecco “Un Ponte per l’Africa” è per me il progetto più importante nel quale sia coinvolto: certo non ha l’aurea mitica e il fascino esotico de la “Cina è vicina”, né l’immanente necessità del progetto “Pasqua nei Balcani” e nemmeno la leggera noncuranza e spensieratezza del viaggio a Capo Nord, ma è “il qui ed ora” del mio impegno ed assorbe tutte le mie energie.

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Devo preparare tante cose e il tempo corre velocemente: se voglio che questo progetto non perda pezzi strada facendo non mi posso permettere di lasciare nulla all’improvvisazione.

Per andare in Africa bisogna prima viaggiare in Europa, no non è un rompicapo geografico è che se voglio coinvolgere i colleghi poliziotti europei devo andare a spiegare il progetto a casa loro; certe cose non si possono affidare solo alle e-mail e ad Internet, bisogna conoscersi, guardarsi negli occhi, annusarsi….

Come al solito si parte da Cassino, se non altro per rispettare un breve ma consolidata tradizione, e l prima tappa è Genova dove ci aspetta Fefé che, a cavallo di una fiammante Guzzi Titanium gentilmente fornita dalla Moto Guzzi, anche questa volta “cavalcherà” a fianco delle nostre ultracollaudate Aprilia Caponord che, hanno appena smesso di sgasare in cinese, dovranno adattarsi ad almeno altre quattro lingue.

Prima tappa vera è Barcellona, la più europea delle città spagnole, che ci accoglie all’ombra delle guglie di Gaudì, con l’interesse tipico delle città avvezze allo scambio e al confronto.

Tour Europei

Concediamo a noi stessi un serata da turisti consapevoli che il giorno dopo dovremo esporre il nostro progetto ai colleghi spagnoli; siamo preparati, il materiale che ci siamo portati appresso è di prim’ordine, contiamo molto sui filmati del viaggio in Cina per coinvolgere gli eventuali scettici. Per fortuna i nostri colleghi spagnoli non hanno bisogno di molto per aderire, per adesso solo idealmente, al nostro progetto; il solo dubbio che hanno è di ordine ..logistico: per questo mese di luglio organizzano le olimpiadi delle forze di polizia e quindi hanno, obiettivamente, pochi fondi e pochi uomini da dedicare ad altre attività extra operative. Ma ci concedono uno spazio gratuito all’interno del villaggio olimpico per poter informare, in un colpo solo, circa 10000 colleghi di 150 Paesi coinvolti; direi un’ottima occasione di “marketing strategico”.

È la mattina del 4 di giugno e ci aspetta una cavalcata di oltre 1000 chilometri perché la prossima tappa è Parigi. Abbiamo salutato i colleghi spagnoli convinti di aver seminato bene, sicuramente li abbiamo incuriositi e interessati quel tanto che basta da poterci ragionevolmente spettare un feedback positivo… vedremo.

A Parigi arriviamo a tarda sera dopo un viaggio che ci ha fatto apprezzare le doti del 35C13 il mezzo che IVECO ci ha messo a disposizione per l’appoggio logistico, le Caponord già le conoscevamo bene e, ancora una volta non hanno deluso le aspettative.

É sera e la Ville Lumière ci accoglie in tutto il suo splendore.

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La mattina ci concediamo un giro per Montmartre che ci emoziona come può emozionare un luogo mitico, mi rendo conto che l’aggettivo è abusato, ma converrete con me che per Parigi non è certo speso invano.

Il pomeriggio ci attende il primo incontro ufficiale e ci teniamo ad arrivare in orario. L’appuntamento è per le 15 e noi siamo puntualissimi. Incontriamo Monsieur Tieri Bausse, comandante della Brigata Motociclisti della Polizia che più che francese sembra svizzero tanto chiede dei dettagli del progetto “Un Ponte per l’Africa” e di quello relativo alla Cina. L’incontro dura quasi tre ore e alla fine crediamo di aver guadagnato i colleghi francesi alla nostra causa; sono infatti interessati al progetto, hanno solo bisogno di tempo e di ulteriori dettagli per decidere se e in che termini aderire al nostro viaggio. Ci scambiamo i gadgets di rito e ci rituffiamo nella maestosità di Parigi.

È già la mattina del 7 giugno e ci apprestiamo a lasciare Parigi; 300 chilometri in sella alle nostre invidiatissime Caponord e saremo a Bruxelles, uno dei cuori della Vecchia e della Nuova Europa.

Bruxelles mi appare come l’avevo lasciata tre anni fa dopo averla frequentata assiduamente per lavoro. È forse la tappa più importante del nostro tour “promozionale” il solo fatto che vi risiede il Presidente della Commissione europea vale i chilometri che abbiamo macinato e quelli che ancora ci restano da fare.

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Il giorno dopo è quasi tutto dedicato al relax. La coincidenza di un lungo ponte per un festività belga, ci consente di rilassarci, fare shopping, ritrovare vecchi amici e farcene di nuovi.

Gli impegni ufficiali si limitano ad una serie di contatti per un incontro con un rappresentante della polizia belga il primo giorno utile dopo il ponte festivo.

Questo ci “costringe” a prolungare la permanenza nella capitale europea di un giorno; poco male, lo facciamo con molto piacere.
Fare il turista non è male ma abbiamo una missione da compiere, finalmente l’incontro con il Direttore della Polizia Amministrativa-Operativa è stato fissato presso una caserma poco distante da quella che ci ospita. È il 10 di giugno, indossiamo le nostre uniformi e ci prepariamo per l’incontro. Solito scambio di convenevoli che, lungi da essere routine, segnano sempre il momento della rottura del ghiaccio e l’inizio di un rapporto costruttivo con persone che non si conoscono, unite dal comune sentire europeo, dalla professione e, speriamo dalla passione per i raid in moto e la solidarietà.

Il tempo di esporre i nostri progetti ed eccoci pronti per ripartire: destinazione Amsterdam, una passeggiata.
La Venezia del Nord ci accoglie con la sua spettacolare rete di canali, le sue peculiarità e la sua vocazione ad essere, non da oggi, città in cui convivono culture e modi di vivere agli antipodi.

Tolleranti per vocazione, i colleghi olandesi si dimostrano all’altezza della loro fama: ci portano nella caserma “De Eenhoorn” dove il Vice Comandante ci attende per ascoltare il nostro progetto. Abbiamo buon gioco e, dopo aver esposto il nostro viaggio, siamo sommersi dagli applausi dei colleghi.. Ci invitano a pranzare con loro, accettiamo di buon grado.

Nemmeno il tempo di gustare la cucina olandese, non so cosa abbiamo mangiato ma era tutto buono, che ci apprestiamo alla partenza per la Svizzera, dobbiamo raggiungere Berna per esporre, ai colleghi, extracomunitari, svizzeri il progetto “Un Ponte per l’Africa”.

Appena arrivati a Berna ci rendiamo conto di essere in Svizzera solo formalmente: ci vengono incontro gli amici del motoclub “Centauro”: sono tutti italiani, hanno saputo del nostro arrivo dall’ambasciata e non hanno voluto mancare l’occasione di salutarci.

Il presidente del “Centauro” è Luigi Verri, un simpatico pugliese che risiede nella capitale svizzera da oltre 40 anni; tutti i componenti il motoclub hanno origini meridionali e, a noi, sembra di essere a casa. I centauri dopo averci accompagnato in albergo ci scortano alla Casa d’Italia, il cuore degli italiani a Berna, la dimostrazione del loro inserimento e della loro integrazione in un società che cinquant’anni fa, quando il fenomeno dell’emigrazione italiana cominciava a coinvolgere numeri importanti di nostri connazionali, era molto diversa dalla nostra. I nostri primi emigrati hanno dovuto verificare la diffidenza e lo sfruttamento ma, anche le opportunità che si offrivano ad una massa di diseredati disposti a subire angherie e i soprusi pur di avere un barlume di speranza nel futuro. Ormai i nostri concittadini svizzeri fanno parte del tessuto connettivo di questa piccola ma antica nazione e mi viene da pensare a quanto sia vero che la storia è fatta di corsi e di ricorsi, a quanto sia vero che spesso abbiamo la memoria corta. Gli emigranti di oggi non sono forse i calabresi, i pugliesi, i siciliani, i friulani o i veneti di ieri?
A Casa d’Italia l’atmosfera è elettrizzante: siamo, ben contenti di esserlo, l’attrazione della serata.

È il 13 giugno ed è il giorno del nostro incontro con la Polizia Svizzera, ultimo di questo primo tour durato quindici giorni. Abbiamo un programma dettagliato, grazie al grande lavoro svolto dall’ambasciata, dal Console Raimondo Celi e dalla sua assistente Silvia Muggelli.

Il Console Celi alle 8.30, puntualissimo, viene a prelevarci in hotel e ci conduce presso il Comando della Polizia Stradale di Berna. L’ospite di casa è il Vice Comandante Lüthi Paul che rimarrà con noi fino alle 17.00, ora in cui il programma di visite ed incontri avrà termine.

La visita alle strutture della polizia bernese ci consente di verificare una volta di più l’interesse che suscita il nostro progetto; i colleghi svizzeri ci inondano di domande e di gadgets, siamo lusingati e ottimisti: aderiranno al nostro progetto.

Finiamo di visitare Berna che ci appare come una città a misura d’uomo, abituati al caotico traffico di Roma, la capitale svizzera ci appare quasi un città lunare, quasi finta.

È tempo di ripartire, bisogna tornare in Italia. Questi 15 giorni sono stati belli e faticosi. Abbiamo seminato ora bisogna aspettare e sperare di raccogliere: sono fiducioso. L’intento è lodevole, abbiamo appoggi e patrocini importanti, non siamo alle prime armi e, aspetto assolutamente da non trascurare, il richiamo di un’avventura così emozionante è davvero difficile da respingere.

La prima tappa in Italia e per “scaricare” Fefè e la sua Titanium, la seconda, la terza e tutte quelle che verranno saranno per perfezionare un viaggio che, come quello in Cina, possa contribuire, sia pure per pochissimo, a tendere una mano a uomini e donne che sono nati dalla parte sbagliata del mondo e di questo certamente non hanno alcuna colpa.